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Gastronomia

Conosciamo i piatti tipici della cucina sarda

1 Settembre 2020

La Sardegna, uno dei posti più affascinanti e ricco di bellezze naturali di cui il nostro paese può vantarsi, un’isola meravigliosa dove oltre ai paesaggi mozzafiato ed alle condizioni geografiche ottimali si può respirare tanta storia, e molte testimonianze sono perfettamente visibili anche semplicemente andando in giro per i paesi più antichi ed isolati.

Influenze di precedenti dominazioni di vari popoli tra cui normanni, saraceni, francesi e bizantini, hanno lasciato segni tangibili in molti luoghi dell’isola, ed anche sotto il profilo delle tradizioni culinarie la cosa è molto ben visibile. Alcuni modi di fare il pane casareccio o la pasta sfoglia sembrano ad esempio essere stati ereditati dal mondo arabo, mentre altri costumi, come ad esempio quello di servire in tavola manicaretti con ripieno in cui si alterna dolce e salato, hanno caratteristiche un po’ più ‘francesi’. Cerchiamo insieme di sapere qualcosa di più sui segreti della cucina sarda e le sue antiche tradizioni.

Il pane carasau, elemento imprescindibile della cucina sarda

Non ci si può neppure sedere a tavola in Sardegna se non c’è almeno una invitante cesta di vimini con dentro del pane carasau, non è un modo di dire ma una certezza, e chi ha avuto occasione di girare un po’ per la Sardegna questo lo sa bene; il pane carasau in Sardegna è come la piadina in Romagna o la bruschetta nel sud Italia, deve essere presente in tavola.

In effetti si tratta di un ‘pane tostato’ che anticamente si usava produrre all’interno di grandi e numerose famiglie per poi renderlo disponibile ad un utilizzo collettivo durante il corso dell’anno; gli ingredienti sono semplici, ma la difficoltà sta nell’azzeccare alla perfezione la tempistica delle sue fasi di produzione, ognuna descritta da un vocabolo in dialetto sardo. Fase 1 cariare e urire (impastare e suddividere la pasta in pezzi), fase 2 tennere e còchere (stendere i pezzi di sfoglia e dargli una prima cottura), fase 3 carpire e carasare (tagliare il ‘pane lentu’ in dischi sottili e lasciarli raffreddare singolarmente).

Sos culurgiones, la pasta delle feste popolari sarde

Nella regione nuorese dell’Ogliastra, in pieno entroterra sardo, è molto diffuso il culto de sos culurgiones, un particolare tipo di fagottini ripieni fatti in casa e molto apprezzati specialmente in occasione di grandi eventi o sagre di paese dove sono previste anche tavolate e punti di ristoro per tutti i partecipanti. Questa specie di gnocchi ripieni vengono cucinati un po’ in tutte le salse a seconda del paese in cui ci si trova, e ciò equivale a dire che sono disponibili in varie ‘versioni’.

Secondo le più antiche tradizioni culinarie sarde, sos culurgiones si preparano il giorno della festa di Sant’Anna, ovvero il 26 Luglio (quindi per quest’anno nulla da fare, bisognerà attendere l’anno prossimo!), e vengono fatti con pasta di semola, acqua e sale, con aggiunta di patate schiacciate, pecorino sardo, grana, strutto di maiale, menta e cipolle soffritte. Ogni fagottino viene poi rigorosamente chiuso a mano dall’artista che lo sta elaborando con una trama ‘a spiga’ ottenuta utilizzando le unghie.

Il famoso ‘porceddu’, cos’è e come si prepara

Il porceddu altro non è che un ‘maialino da latte’, e fa tenerezza soltanto il fatto di pensare di mangiarlo; fatto sta che in Sardegna questa è una vera e propria prelibatezza, una specialità culinaria che identifica in un certo qual modo questa meravigliosa regione, e sono moltissimi i turisti che chiedono di assaggiarlo, specialmente in occasione di grandi tavolate tra amici o sagre di paese dedicate a questo bellissimo (e buonissimo) animale.

Diventato nel tempo ‘Prodotto Agroalimentare Tradizionale’ della terra sarda, il porceddu viene ‘sacrificato’ tra i 30 ed i 50 giorni di età, quando cioè la sua carne è ancora molto tenera; la scelta ideale dovrebbe poi ricadere su un esemplare avente un peso di circa 7/8 chili che si sia alimentato esclusivamente a base di latte, cereali ed erbe. Sono due le tecniche più utilizzate per cucinarlo: con spiedo verticale posto su braci di ulivo e ginepro, o in fossa, posizionandolo cioè in una buca su braci preparate utilizzando mirto sardo.

seadas

‘Sas seadas’, uno dei dolci più tradizionali della cucina sarda

Ma veniamo finalmente al dolce; chi ha avuto la fortuna di visitare la Sardegna avrà certamente avuto modo di assaggiarle, e se non lo ha fatto si è perso un qualcosa di davvero buonissimo: sas seadas. Conosciute anche come ‘seattas’ queste autentiche leccòrnie rappresentano uno dei dolci più famosi della cucina tradizionale sarda, ovvero, tanto per intenderci, quella strettamente legata con la vita e le usanze delle più antiche popolazioni di pastori sardi.

Sas seadas non sono altro che dei ravioli fritti fatti con un impasto costituito primcipalmente da semola e strutto, sono ripiene di formaggio fresco di capra lasciato inacidire per alcuni giorni, e vengono fritte per poi essere immediatamente ricoperte di miele caldo in modo tale da creare, specie se consumate subito dopo averle preparate, uno speciale ‘effetto gustativo’ in bocca, dovuto appunto alla decisa contrapposizione tra il miele caldo e dolce ed il formaggio fuso che fuoriesce ad ogni morso. Una specialità imperdibile.